Ho fatto la prima dose

L’sms di conferma della prenotazione dell’appuntamento mi invitava a essere lì alle 8.35 circa.
Alle 8.40 sono in piazza VI febbraio, di fronte al Palazzo delle Scintille, a Citylife, il quartiere di Milano famoso per le tre torri e ancor di più per essere il quartiere in cui abitano i Ferragnez.
C’è un pannello grandissimo con la scritta “Ingresso A” e una fila che non rimane ferma per più di venti secondi alla quale si accede mostrando il messaggio di conferma della prenotazione a una persona che indossa una uniforme verde e che gestisce quella fila. Di persone che mi diranno cosa fare, dove andare e come muovermi ce ne saranno tante. Lui è il primo, è la persona n.1, è anziano e probabilmente è un volontario della Protezione Civile o forse degli Alpini.

Sono in fila. Siamo ancora all’esterno del Palazzo delle Scintille, lungo un capannone a tenda bianco. Non so se abbia un nome specifico quell’oggetto che i calciatori attraversano dopo essere usciti dagli spogliatoi. Sarà quello che i giornalisti chiamano il tunnel degli spogliatoi?
La fila scorre veloce e ci muoviamo verso l’entrata del Palazzo delle Scintille. A qualche metro dalla porta d’entrata c’è un’altra persona che distribuisce il famoso questionario anamnestico. I più bravi l’hanno portato da casa, quelli ancora più bravi l’hanno portato da casa già compilato e firmato. Io non ce l’ho, quindi lo prendo e mi avvicino alla porta d’entrata.

Sono dentro. Superata la porta, una terza persona mi fa cenno di fare un passo avanti, il termoscanner deve inquadrarmi perché deve misurare la mia temperatura corporea. Temperatura normale, per me può procedere – sussurra non so a chi, forse a se stesso per scandire il ritmo delle operazioni – registrazione a1 – mi dice indicando un’altra persona che mi guarda, mi sorride e mi aspetta con un bigliettino in mano. Registrazione a1 significa seguirai il percorso numero 1, alla mia sinistra. Se mi avesse detto registrazione a2 sarei dovuto andare a destra e avrei dovuto seguire un altro percorso.

Prendo il bigliettino: c’è scritto 133 – 32 in coda. Ho 32 persone davanti a me, ma non le vedo.
La persona n. 4 che mi ha dato il bigliettino mi dice segui le frecce a terra. A terra ci sono le frecce rosse che mi guidano lungo il percorso. Percorro pochi metri ed ecco che vedo le 32 persone prima di me. Sono sedute in una saletta e aspettano il loro turno. Entra, siediti e aspetta il tuo turno e intanto compila il questionario, mi dice la persona n. 5 che è seduta all’entrata della sala di registrazione. Ci sono sei sportelli attivi, sei scrivanie e sei addetti alla registrazione.
Passano pochi minuti, il tempo di rispondere alle domande a risposta multipla del questionario anamnestico e sul monitor c’è scritto 133. È il mio turno.

La registrazione serve per verificare la prenotazione, i dati anagrafici, la tessera sanitaria e la carta di identità e per consegnarmi la nota informativa. Qualche minuto e ho finito, si passa subito al livello successivo.

La settima persona lungo il mio percorso mi fa sedere. Qui non c’è nessun monitor, è lei a chiamare i numeri a voce alta. Chi è il numero 132? Si prepari il 133. Qui la frequenza di chiamata è più alta e l’attesa più breve. Quando arriva il mio turno, il bigliettino con il mio numero 133 lo lascio alla volontaria che ora mi indica la strada. Percorro un corridoio con quattro box a destra e quattro a sinistra con altrettante scrivanie, altrettanti pc e altrettanti medici pronti a interrogare.

Il colloquio col medico dura qualche minuto. Mi informa che mi sarà somministrato il vaccino Pfizer, che il richiamo sarà tra circa un mese e mi fa firmare il consenso.

Quando vado verso il corridoio delle somministrazioni ho in mano la tessera sanitaria e un cartoncino rosso. Quel cartoncino rosso me l’ha consegnato il medico e (credo) significhi che il vaccino che mi deve essere somministrato è Pfizer. Presumo che chi ha in mano il cartoncino blu o verde stia aspettando la somministrazione di un vaccino diverso. In realtà non ho visto nessun altro con in mano un cartoncino rosso. In realtà non ho visto proprio nessun altro con un cartoncino in mano. Probabilmente non ho fatto tempo ad accorgermene perché non c’è nessun altro che deve fare Pfizer, quindi non devo fare la fila e la persona n.9 mi dice che posso entrare nella prima stanza a destra dove ad aspettarmi c’è una dottoressa che mi fa accomodare su una poltrona e mi chiede di scoprire un braccio.
Mi dice quando dovrò fare il richiamo e mi inietta la prima dose del vaccino. Fatto.

Mi alzo dalla poltrona ed esco dalla stanza dell’iniezione. Dopo aver superato tutte le altre stanze, alla mia destra e alla mia sinistra, dove altri medici stanno iniettando altri vaccini, alla fine del lungo corridoio la persona n.10 mi consegna un bigliettino. Su questo bigliettino c’è un orario: 9.23. Dovrò aspettare le 9.23 prima di uscire.

Sono nella sala d’attesa finale. Sono entrato nel Palazzo delle Scintille circa mezz’ora fa. Accanto, dietro, davanti a me decine di persone sedute aspettano che si faccia l’ora di andare via e controllano prima il bigliettino e poi l’orologio in alto. I più coraggiosi non aspettano quindici minuti, dopo pochi minuti salutano la dottoressa che è lì pronta in caso di necessità e vanno via. Altri invece aspettano anche più di quindici minuti, non si sa mai.
Il silenzio che c’è stato fino a quel momento, rotto solo dalle indicazioni puntuali e precise dei volontari gentili e sorridenti, in questa sala non c’è più. Al telefono, soprattutto i più giovani, raccontano l’esperienza a genitori e amici.

Quindici minuti sono passati e posso andare via. L’uscita, questa volta, è un corridoio largo e ai lati non ci sono stanze né medici. In alto, appesi, ci sono due monitor. Il primo segnala quante dosi sono state somministrate oggi, cioè in 2 ore. L’altro monitor indica il numero di dosi somministrate dal giorno dell’apertura di quell’hub vaccinale. Il primo monitor segna 806, il secondo 161.378. In fondo c’è la porta che mi riporta al punto di partenza, in piazza VI febbraio. Lì adesso c’è molta più gente, sono le 9.30 e la città ha iniziato a muoversi.

Sembra una grandissima sala d’attesa di un aeroporto. Chi esce abbraccia chi è lì ad aspettare che gli amici e i parenti escano. È un arrivo o una partenza?

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