Disoccupazione, profonda crisi dello stato sociale, migrazione: questi sono solo una piccola parte di problemi all’ordine del giorno. Problemi che la classe dirigente di questo Paese dovrebbe affrontare. Cambiamenti radicali che segnano la nostra epoca, a livello nazione come a livello globale. Le questioni sociali si intrecciano a quelle economiche e, tutte e due insieme, a quelle culturali. Problemi complessi, nodi difficili da sciogliere.
Bisogna fare in fretta: studiare il fenomeno, elaborare soluzioni, compiere scelte e, non superficialmente, agire.
Ma molto spesso, per non dire sempre, alla complessità dei problemi vengono associate facili soluzioni. E’ lo slogan, una vuota frase ad effetto, la via d’uscita. Poche parole pronunciate bene, in un salotto televisivo, guardando in camera. Parlare amichevolmente e a viso aperto al proprio popolo, accarezzarlo e tranquillizzarlo.
«Lo so, la situazione è complessa ma non ti preoccupare, ho la soluzione, è facile, eccola». Spiegano come uscire dalla crisi, come alzare il PIL, come azzerare la disoccupazione, come risolvere il problema della migrazione, come raggiungere la pace dei sensi. Il tutto in pochissime battute.
Vendono fumo e lo sanno, ma, servita su un piatto d’argento, la soluzione arriva dall’altra parte del teleschermo, netta, chiara, semplice. Anche il più ignorante è in grado di comprenderla.
Mostrarsi vicino al popolino significa farsi popolino. Essere uno di loro, uno di noi, linguaggio da bar compreso.
Alle sfide così importanti che stanno segnando questi anni e probabilmente segneranno i prossimi decenni si contrappone l’approssimazione di leader incompetenti che si ostinano a ignorare la complessità della politica, delle questioni, della vita.
Non una Politica che mi insegni che esiste una facile soluzione a tutto, non una Politica che mi illuda. Ma una Politica che mi spieghi e mi renda consapevole della complessità delle cose.